Legittime le verifiche affidate a un’agenzia investigativa che hanno consentito di verificare condotte fraudolente.
Il nuovo articolo di Angelo Zambelli su Il Sole 24 Ore di oggi.
Se, da un lato, il controllo esercitato da guardie particolari giurate o dal personale di agenzie investigative non può riguardare, in alcun caso, l’adempimento o l’inadempimento della prestazione lavorativa, dall’altro, può invece avere a oggetto il compimento di «atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione contrattuale». E lo scarso rendimento può giustificare il controllo del dipendente.
Lo ha ribadito la Corte di cassazione, con ordinanza 24564/2025, riguardante il licenziamento di un “letturista” sulla base delle risultanze di un’indagine affidata a un’agenzia investigativa. Da tali accertamenti, infatti, era emerso che il lavoratore aveva falsamente attestato, mediante il dispositivo elettronico in dotazione, l’inizio e la conclusione della propria attività (anticipando il primo e/o posticipando la seconda), oltre ad essersi ripetutamente allontanato dal luogo di lavoro, fatto uso dell’auto aziendale per fini personali e financo trattenutosi inoperoso all’interno del veicolo.
La Corte d’appello di Napoli, nel confermare la pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di impugnazione del licenziamento promossa dal lavoratore, ritenendo pienamente legittimo il controllo difensivo disposto dal datore tramite agenzia investigativa. E ciò in quanto tale controllo era stato avviato ex post, sulla base di incongruenze oggettive riscontrate nel minor rendimento del dipendente rispetto a quello dei colleghi addetti alla medesima mansione, ritenute idonee a giustificare uno più specifico controllo a suo carico anche mediante attività investigativa.
La decisione è stata quindi impugnata dal lavoratore dinnanzi alla Suprema corte, sulla base, tra l’altro, della ritenuta inutilizzabilità del rapporto dell’agenzia investigativa, in quanto asseritamente finalizzato al controllo della sua prestazione lavorativa e delle relative modalità di esecuzione, in violazione degli articoli 2 e 3 dello Statuto dei lavoratori.
La Corte di cassazione, investita della questione, ha innanzitutto confermato il proprio consolidato orientamento in materia, secondo cui il controllo effettuato tramite agenzia investigativa è legittimo se volto ad accertare comportamenti «che possano configurare ipotesi penalmente rilevanti od integrare attività fraudolente», come tali estranei alla ordinaria attività lavorativa. Ciò premesso, la Corte prosegue richiamando principi già affermati in recenti pronunce di legittimità e distinguendo tra i controlli a difesa del patrimonio aziendale e i cosiddetti «controlli difensivi in senso stretto»: i primi, riguardando tutti i dipendenti «nello svolgimento della loro prestazione di lavoro che li pone a contatto con tale patrimonio», devono necessariamente rispettare le prescrizioni dell’articolo 4, dello Statuto dei lavoratori, mentre i secondi non sono soggetti alle restrizioni previste da tale norma, trovando la loro giustificazione nella presenza di un fondato sospetto (quindi non di un puro convincimento soggettivo del datore) circa la commissione di un illecito: solo a partire dal sorgere di quel sospetto il controllo “mirato” è legittimo.
In questo caso, conclude la Corte, prima dei fatti specificamente contestati, il datore di lavoro disponeva già di elementi – quali un inspiegato minor rendimento del lavoratore rispetto ai colleghi – che ne legittimavano un controllo più specifico e mirato. Tale controllo, effettuato con uno strumento di indagine «che risulta essere il meno invasivo tra quelli concretamente disponibili e comunque utili allo scopo», ha permesso di accertare condotte «non prive di note di fraudolenza», legittimando quindi il licenziamento per giusta causa.