Secondo la Cassazione è legittima la comunicazione di cessazione definitiva del rapporto al lavoratore in base a un procedimento avviato dal cedente
Pubblicato il nuovo articolo di angelo Zambelli su Il Sole 24 Ore di oggi
È legittima la comunicazione di licenziamento da parte del datore di lavoro cessionario al lavoratore già destinatario di un provvedimento espulsivo comminato dall’azienda cedente, dichiarato legittimo in secondo grado. Così ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ordinanza 28406/2024 del 5 novembre scorso, in relazione a una fattispecie in cui un lavoratore, licenziato nel 2012 per motivi disciplinari, veniva reintegrato a seguito della sentenza del Tribunale di Lecce del 2018 che aveva annullato il licenziamento. In pendenza del procedimento d’appello proposto dal datore di lavoro, il contratto veniva trasferito ad altra società attraverso una cessione individuale di contratto in base all’articolo 1406 del Codice civile. Nel 2019, la Corte di merito, riformando la sentenza di primo grado, dichiarava legittimo il licenziamento e, in virtù di tale pronuncia, il nuovo datore comunicava al lavoratore la cessazione definitiva del rapporto.
Nel contenzioso instauratosi a seguito di questa ultima comunicazione, la Corte di legittimità ha respinto il ricorso del lavoratore, confermando la correttezza delle decisioni di merito che avevano riconosciuto come legittimo l’operato del datore cessionario.
In primo luogo, sono state ritenute inammissibili sia la richiesta di dichiarare invalida la comunicazione, sia quella di sospensione del procedimento – proposta per la prima volta in Cassazione –, poiché è «infondata l’eccezione secondo cui la Corte non poteva riconoscere l’efficacia del licenziamento prima del giudicato; posto che non c’è necessità dell’intervento del giudicato per attribuire efficacia risolutiva ad un licenziamento riconosciuto legittimo in sede di appello essendo la relativa sentenza immediatamente esecutiva».
La Corte sottolinea che, in base all’articolo 111 del Codice di procedura civile, «l’effetto successorio (…) non restava precluso dal mancato intervento della società cessionaria nel giudizio di impugnativa del licenziamento», perché il successore a titolo particolare, ovvero il cessionario, è vincolato giuridicamente dagli effetti delle sentenze intercorse tra le parti originarie che sono applicabili immediatamente.
La Cassazione chiarisce, poi, che la cessione comporta un trasferimento complessivo delle situazioni giuridiche attive e passive, «ivi compresa l’efficacia risolutiva di un licenziamento già intimato dal cedente ed ancora sub iudice». L’omissione nell’atto di cessione del riferimento al licenziamento è irrilevante, poiché la sua efficacia era comunque trasferita in capo al cessionario «in quanto, come deve dedursi dall’ampiezza della previsione normativa dell’articolo 1406 c.c., la sostituzione di un terzo ad una delle parti del rapporto assume portata generale (…) senza necessità di specifica o preventiva individuazione».
In conclusione, la decisione in commento, ribadendo l’autonomia e l’immediatezza degli effetti della cessione contrattuale secondo quanto disposto dall’articolo 1406 del Codice civile, compresi quelli derivanti da una decisione favorevole ottenuta dal cedente, assume particolare rilevanza in termini di certezza del diritto, favorendo una maggiore stabilità nella circolazione dei mercati e nelle transazioni aziendali.
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