Il nuovo articolo di Angelo Zambelli pubblicato oggi nel supplemento: “Crisi d’Impresa, il correttivo” de Il Sole 24 Ore
Già nella versione circolata prima della pausa estiva e approvata, in via preliminare, il 10 giugno, il Correttivo-ter del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza si era limitato, quanto agli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro subordinato, a depurare il testo di taluni difetti di coordinamento normativo e di imprecisi riferimenti terminologici, lasciandone invariata la sostanza. E ciò in linea con la ratio dell’intervento normativo stesso, finalizzato a migliorare la comprensione di un testo come il Codice, «complesso e articolato». La correzione del Codice è stata poi sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato e ai pareri obbligatori delle Camere che, limitatamente agli articoli 189, 190 e 191 sui rapporti di lavoro, non hanno espresso osservazioni.
Risulta quindi confermata, dopo l’approvazione definitiva del correttivo da parte del Consiglio dei ministri dello scorso 4 settembre, l’eliminazione dall’articolo 189, comma 1, del primo periodo, a norma del quale «l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del datore di lavoro non costituisce motivo di licenziamento», incompatibile, d’altronde, con la regola generale secondo cui l’ apertura determina di per sé solo la sospensione dei rapporti di lavoro. Il comma 2 dell’articolo 189 -sul dies a quo dell’efficacia tanto del recesso del curatore dai rapporti di lavoro subordinato sospesi, quanto del suo subentro negli stessi – resta privo, invece, del riferimento all’onere in capo al curatore di comunicare all’Ispettorato territoriale del lavoro l’elenco dei dipendenti dell’impresa in forza al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale, adempimento da cui, in ogni caso, la lettera della norma non faceva discendere alcuna conseguenza pratica.
Confermata, inoltre, la riscrittura – seppure da un punto di vista meramente terminologico- lessicale – del comma 3 sul recesso del curatore dai rapporti di lavoro subordinato sospesi e sulla risoluzione di diritto dei vincoli contrattuali a fronte dell’inerzia del curatore protrattasi per oltre quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale.
Anche il nuovo ultimo periodo dello stesso comma 3 sulle somme eventualmente ricevute dal lavoratore, a titolo previdenziale o assistenziale, nel periodo di sospensione dei rapporti di lavoro è stato mantenuto: in particolare, si prevede che, se alla sospensione dei rapporti di lavoro sia poi seguita la cessazione (che mantiene un’efficacia retroattiva alla data dell’apertura della liquidazione giudiziale, e che non deve più essere comunicata «senza indugio» dal curatore), non è dovuta la restituzione da parte del lavoratore delle somme eventualmente ricevute durante tale periodo, non potendo, d’altronde, a lui imputarsi né la sospensione né, tantomeno, la mancata prosecuzione del rapporto.
La correzione dell’articolo 189, comma 4, nella parte in cui esclude il direttore dell’Ispettorato territoriale dal novero dei soggetti legittimati a richiedere al giudice delegato in presenza di elementi concreti per l’autorizzazione all’esercizio dell’impresa o al trasferimento dell’azienda o di un suo ramo – la proroga del termine di quattro mesi di cui al comma 3, è stata valutata favorevolmente in sede di elaborazione dei pareri delle Camere e del Consiglio di Stato. I commi 5 e 6 dell’articolo 189, poi, si riconfermano invariati, e parimenti invariate, con l’approvazione in via definitiva del correttivo, rimangono le modifiche – di natura per lo più terminologica – ai successivi commi 8 e 9 dell’attuale articolo 189, nonché quelle apportate agli articoli 190 e 191 dall’articolo 32, commi 3 e 4.
In sede di approvazione definitiva del correttivo del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è stata confermata anche la più che opportuna previsione inserita nell’articolo 189, comma 7. In base a tale nuova disposizione, è espressamente esclusa l’applicazione delle procedure di cui all’articolo 1, commi da 224 a 238, della legge 234/2021 (cosiddetta normativa anti-delocalizzazioni) per il caso in cui il curatore decida di procedere a un licenziamento collettivo.
In altri termini, viene in questo modo definitivamente meno anche solo il dubbio di dover esperire da parte del curatore la gravosa procedura di informazione e consultazione sindacale preventiva – rispetto a quella prevista dalla legge 223/1991 – introdotta dalla predetta legge 234/2021 per le ipotesi di cessazione di attività determinata dalla chiusura di sedi, uffici o comunque unità produttive in aziende con almeno 250 dipendenti nell’anno precedente che determinino il licenziamento di un numero di lavoratori non inferiore a 50. E ciò in coerenza con la deroga alle disposizioni in esame già prevista dalla legge anti-delocalizzazioni (articolo 1, comma 226) per le imprese che si trovino in una situazione di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che ne renda probabile la crisi o l’insolvenza e che possono accedere alla procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa di cui al Dl 118/2021.
Di qui, dunque, l’opportunità della correzione dell’articolo 189, comma 7, nel senso di esonerare espressamente dagli adempimenti in questione, nonché dalle pesanti conseguenze sanzionatorie a essi connesse, anche le imprese insolventi nei cui confronti sia stata aperta la liquidazione giudiziale. Ne risultano così ridotti, da un lato, gli oneri a carico dei curatori e, dall’altro, i tempi necessari per la gestione degli esuberi in tali aziende ove la crisi è più che conclamata, ciò rappresentando un ulteriore passo verso un quadro giuridico più snello e funzionale.