Diritto di sciopero illecito se pregiudica la produttività dell’azienda

Un estratto del nuovo commento a firma dell’Avv. Angelo Zambelli e di Giulia Bonadonna è stato pubblicato su Norme e Tributi Plus Lavoro de Il Sole 24 Ore. Il commento è tratto da Modulo24 Contenzioso Lavoro.

Diritto di sciopero illecito se pregiudica la produttività dell’azienda

La recente pronuncia della Corte di cassazione (ordinanza 14 marzo 2024, n. 6787) è tornata a ribadire – richiamando “principi di diritto radicati già nella giurisprudenza” – che l’esercizio del diritto di sciopero deve ritenersi illecito se, “ove non effettuato con gli opportuni accorgimenti e cautele”, appare idoneo a “pregiudicare irreparabilmente non la produzione, ma la produttività dell’azienda […]”, e ciò in quanto il fatto che lo sciopero arrechi al datore di lavoro un danno alla sola produzione – arrestandola o riducendola – è “connaturale alla funzione di autotutela coattiva propria dello sciopero stesso”.

Il caso

La vicenda alla base della pronuncia in commento traeva origine dal licenziamento intimato a sedici lavoratori per avere questi aderito a uno sciopero proclamato dall’O.S. di appartenenza a seguito della richiesta di allontanamento dal luogo e dal turno di lavoro di altro lavoratore ritenuto responsabile di un’aggressione.

La richiesta sindacale così formulata – e atta di per sé a sollecitare l’adempimento dell’obbligo datoriale di sicurezza ex art. 2087 c.c. [1] – era, tuttavia, rimasta inascoltata dalla società datrice di lavoro la quale, piuttosto, si era limitata a sanzionare l’aggressore con due soli giorni di sospensione.

All’inerzia del datore di lavoro rispetto alla richiesta sindacale aveva, dunque, fatto seguito la partecipazione dei lavoratori allo sciopero indetto dall’O.S. richiedente, partecipazione qualificata dall’azienda, però, quale “abbandono ingiustificato dal lavoro” e ritenuta, per ciò stesso, idonea a integrare una violazione dell’obbligo di diligenza tale da giustificare la sanzione espulsiva del licenziamento per giusta causa ex art. 2119 c.c. Non ci si può esimere dal sottolineare una certa “aggressività” nella reazione disciplinare aziendale.

Ciò premesso, la Corte di Appello di Bologna – prendendo le mosse dall’impugnazione della sentenza con cui il Tribunale di Piacenza aveva ritenuto (i) “del tutto innaturale” lo sciopero asseritamente indetto “per sollecitare il potere datoriale contro un lavoratore o per pretendere che detto potere sia esercitato con modalità più penalizzanti” e (ii) il conseguente licenziamento “proporzionato al fatto” – si era pronunciata nel senso dell’insussistenza della giusta causa del recesso datoriale, con conseguente ordine di reintegrazione nel posto di lavoro degli scioperanti licenziati.

In particolare, i Giudici bolognesi – individuato il thema decidendum nella legittimità o meno non delle finalità dello sciopero (invero peculiari) ma delle modalità con cui lo stesso era stato posto in essere – avevano valorizzato, da un lato, il principio, seppur risalente, secondo cui il diritto di sciopero non incontra “limiti diversi da quelli propri della ratio storico-sociale che lo giustifica e dell’intangibilità di altri diritti o interessi costituzionalmente garantiti (c.d. limiti esterni)” e, dall’altro, il fatto che non erano stati superati, nel caso di specie, “i c.d. limiti esterni […], avendo l’azione collettiva causato un danno alla produzione ma non alla capacità produttiva dell’azienda” [2].

La società proponeva, quindi, ricorso dinnanzi alla Corte di cassazione, sulla base dell’asserita violazione, da parte della Corte di merito, delle disposizioni di cui agli artt. 40 Cost. e 2119 c.c.

La Suprema Corte 14 marzo 2024, n. 6787, investita della questione e fedele al proprio costante orientamento in materia, si è conformata al “chiaro percorso motivazionale” seguito dalla Corte di Appello di Bologna – e dalla stessa puntualmente richiamato – accertando, in definitiva, che i licenziamenti erano stati intimati “quale punizione collettiva per l’esercizio del diritto di sciopero, quindi senza legittima giusta causa o giustificato motivo”.

La disciplina (extra) legislativa del diritto di sciopero

Con l’art. 40 Cost. il diritto di sciopero si è fatto “pilastro della costituenda società democratica” [3], segnando la definitiva rottura con il regime preesistente caratterizzato dalla vigenza delle norme penali incriminatrici di qualunque fattispecie di sciopero [4].

Tuttavia, la concisa formulazione della norma costituzionale secondo cui “il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano” ha suscitato, sin da subito, non poche perplessità, a causa della riserva legislativa, concernente l’esercizio del diritto stesso, in essa contenuta.

L’inciso “nell’ambito delle leggi che lo regolano” è stato, infatti, interpretato nel senso che il legislatore costituente si è recisamente rifiutato di “imbrigliare la sua [dello sciopero, n.d.r.] regolamentazione in rigide disposizioni difficilmente poi modificabili in ragione dei mutamenti della realtà economico e sociale in cui lo sciopero era destinato ad operare” [5], rinviando, piuttosto, per l’individuazione delle modalità e dei limiti del suo esercizio, ad altra, diversa e futura regolamentazione organica [6].

Sennonché per oltre quarant’anni, e cioè fino all’emanazione della L. n. 146/1990 sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali – vale a dire quei servizi “volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà, ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione e alla libertà di comunicazione” – nel panorama legislativo non si è inserito alcun provvedimento regolativo della materia degno di nota.

Di qui l’intervento, in funzione di “supplenti del legislatore”, tanto della giurisprudenza quanto della dottrina, nel tentativo di far chiarezza sulle questioni sorte a causa del silenzio legislativo sull’art. 40 Cost., silenzio da taluni persino qualificato in termini di vero e proprio inadempimento costituzionale [7].


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