Interinali a termine, reiterazione possibile solo se «temporanea»

Un nuovo articolo a firma dell’Avv. Angelo Zambelli è stato pubblicato su Norme & Tributi de Il Sole 24 Ore e nella sezione Lavoro di ntplusdiritto.ilsole24ore.com.

Interinali a termine, reiterazione possibile solo se «temporanea»

Durata complessiva delle missioni tale da non configurare abuso

Con la sentenza 23445/2023 del 1° agosto la Cassazione torna a occuparsi della reiterazione dei contratti di somministrazione di lavoro a tempo determinato presso il medesimo utilizzatore e lo fa sulla scorta delle recenti pronunce della Corte di giustizia Ue (interpretative dell’articolo 5, paragrafo 5, della Direttiva Ue 2008/104), nonché dei più recenti precedenti giurisprudenziali di legittimità.

Il caso trattato riguarda una lavoratrice impiegata su una nave da crociera in forza di tre distinti contratti di somministrazione a tempo determinato succedutesi senza soluzione di continuità per un tempo complessivo di oltre quattro anni. La lavoratrice – asserendo di aver lavorato continuativamente presso il medesimo utilizzatore svolgendo sempre le stesse identiche mansioni – rivendicava la conversione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato nei confronti dell’utilizzatore o, in via subordinata, nei confronti dell’agenzia di somministrazione per violazione dell’articolo 47 (“Proroghe”) del Ccnl di settore, oltre al pagamento di una indennità risarcitoria.

La Corte d’appello territoriale, respingendo l’appello proposto dalla lavoratrice contro la sentenza di primo grado, escludeva (seppur implicitamente) l’impiego abusivo dell’istituto della somministrazione da parte dell’utilizzatore e rilevava che, anche se tra queste non vi era stata alcuna interruzione, si erano invero succedute tre distinte missioni (corrispondenti ad altrettanti contratti di somministrazione a termine) per un lasso temporale complessivo di oltre quattro anni: circostanza, quest’ultima, che secondo l’interpretazione fornita dal giudice di merito non era comunque da ritenersi vietata dalla legge e/o dalla contrattazione collettiva vigente all’epoca.

La Corte rilevava, infatti, che per i rapporti di lavoro in somministrazione il legislatore dell’epoca non aveva previsto alcun limite massimo di durata delle missioni, limite che era stato invece previsto per la durata dei contratti di lavoro a termine cosiddetti “diretti”. Pertanto, secondo i giudici di merito, la lavoratrice aveva errato nel ritenere che il termine di 36 mesi, previsto all’epoca per la durata massima dei contratti a termine diretti, dovesse applicarsi anche ai rapporti in regime di somministrazione presso il medesimo utilizzatore.


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