Un nuovo articolo a firma dell’Avv. Angelo Zambelli è stato pubblicato su Il Sole 24 Ore nella sezione Norme & Tributi e su Ntpluslavoro.ilsole24ore.com.
Neo mamma licenziabile solo con lo stop all’attività
Non sufficiente che l’azienda sia dichiarata fallita se il lavoro prosegue
Alla tutela delle lavoratrici madri il legislatore ha sempre dedicato particolare attenzione, al fine di disincentivare ed, eventualmente, sanzionare, quei “trattamenti penalizzanti” connessi allo stato oggettivo di gravidanza che potrebbero essere loro riservati. Lo ha ribadito la Corte di cassazione, con ordinanza 35527/2023, in relazione a una fattispecie in cui una lavoratrice è stata licenziata poco dopo essere rientrata dal periodo di congedo per maternità obbligatorio e prima del compimento di un anno di età del figlio, in violazione del divieto disposto dall’articolo 54 del decreto legislativo 151/2001.
Alla base del licenziamento l’azienda ha posto l’intervenuta dichiarazione, con sentenza, del proprio fallimento, con conseguente asserita cessazione dell’attività, situazione, quest’ultima, idonea a escludere l’operatività del divieto di licenziamento, secondo quanto stabilito dal comma 3, lettera b), del medesimo articolo 54.
La Corte di merito, confermando la sentenza di primo grado, ha accolto la domanda di impugnazione del licenziamento promossa dalla lavoratrice, dichiarando la nullità del medesimo e condannando la società, tra l’altro, alla reintegrazione della ricorrente nel posto di lavoro. E ciò, in particolare, sulla base del fatto che «dalla prova orale e documentale espletata, non era emerso che si fosse verificata la cessazione dell’attività di impresa per cui era ravvisabile la violazione del divieto legale di licenziamento della lavoratrice madre nel primo anno di vita del figlio».
La decisione è stata impugnata dalla società datrice di lavoro dinnanzi alla Suprema corte, sulla base del ritenuto compimento da parte delle stessa di sole «iniziative di tipo conservativo», inidonee a ravvisare una qualsivoglia attività aziendale ancora in corso.
La Corte di cassazione, dal canto suo, individua la questione di diritto – «cui occorre dare una risposta» – nella corretta interpretazione del concetto giuridico di “cessazione dell’attività” indicato all’articolo 54, comma 3, lettera b) del Dlgs 151/2001. In altri termini, occorre stabilire se «debba prevalere una concezione sostanziale (naturalistica) o formale (giuridica) dell’evento “cessazione”».
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