Il Tribunale di Catanzaro conferma che c’è interposizione illecita di manodopera quando l’appaltatore è privo di sostanziale autonomia organizzativa.
Pubblicato su Il Sole 24 Ore il nuovo articolo di Angelo Zambelli
Non sussistono i requisiti tipici dell’appalto cosiddetto genuino, ma ricorrono i caratteri propri dell’interposizione illecita di manodopera, quando l’impresa appaltatrice è «priva di sostanziale autonomia organizzativa», poiché il potere direttivo-organizzativo dei dipendenti e del lavoro, e finanche quello disciplinare, sono esercitati dalla società committente.
Lo ha ribadito, da ultimo, il Tribunale di Catanzaro nella sentenza del 10 dicembre 2024 con cui ha accolto il ricorso depositato da due lavoratori, entrambi dipendenti delle società appaltatrici, volto all’accertamento dell’illegittimità dei contratti di appalto nell’ambito dei quali essi avevano prestato servizio e, per l’effetto, della natura subordinata dei rapporti di lavoro con la società committente. In particolare, secondo i ricorrenti, il carattere non genuino dell’appalto era da ravvisarsi, da un lato, nell’assoggettamento del personale dell’appaltatore alle precise e puntuali indicazioni contenute in appositi schemi predisposti dalla committente e, dall’altro, nella sottoposizione dei dipendenti dell’appaltatore al gradimento della committente, la quale poteva chiederne in qualsiasi momento, per espressa previsione contrattuale, la sostituzione immediata (e, quindi, nella sostanza, il licenziamento), qualora li avesse ritenuti «inidonei».
Il Giudice calabrese, al fine di qualificare correttamente i rapporti di lavoro tra i ricorrenti e la convenuta, ricostruisce anzitutto il contesto giurisprudenziale di riferimento. In particolare – chiarisce il Tribunale – la recente giurisprudenza, tanto di merito quanto di legittimità, ha escluso «in fattispecie perfettamente sovrapponibili alla presente» che possano ritenersi sussistenti – nel caso di pianificazione dettagliata delle attività e di controllo della prestazione lavorativa da parte della committente – «gli elementi imprescindibili di un appalto genuino, individuati dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 1». In altri termini, secondo l’orientamento prevalente, ai fini della configurabilità di un appalto non fraudolento, è necessario verificare che all’appaltatore sia stata affidata la realizzazione di un risultato, da conseguire attraverso un’effettiva e autonoma organizzazione del lavoro, con reale assoggettamento dei dipendenti al proprio potere direttivo e di controllo, impiego di propri mezzi e assunzione da parte dello stesso del rischio d’impresa.
Nel caso esaminato, dall’analisi sia degli elementi rinvenibili dall’istruttoria, sia del concreto atteggiarsi dei rapporti di lavoro, è emersa – conclude il Tribunale – una «totale e indiscriminata» sottoposizione del personale dell’appaltatore alle direttive della committente, oltre che al suo arbitrario gradimento, elementi, questi, certamente sintomatici della non genuinità dell’appalto. Di qui la declaratoria, da parte del Tribunale di Catanzaro, dell’illegittimità dei contratti di appalto e, per l’effetto, l’accertamento dell’esistenza tra i ricorrenti e la convenuta di ordinari rapporti di lavoro subordinato.
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