Rider e subordinazione: la recente pronuncia di antisindacalità del Tribunale di Milano

Il Tribunale di Milano, con la recentissima pronuncia dello scorso mese di settembre, è tornato sul tema della qualificazione del rapporto di lavoro dei rider – sia pure in un procedimento a cognizione sommaria per condotta antisindacale – consolidando l’orientamento più recente e ormai prevalente nel riconoscere la loro natura di lavoratori subordinati.

L’Avv. Angelo Zambelli con Giulia Bonadonna commenta in un articolo su Guida al Lavoro n. 42 de Il Sole 24 Ore la controversa questione, che in Italia, a seguito della massiccia diffusione del settore del food delivery, ha innegabilmente ricevuto grande attenzione da parte di tutti gli interlocutori, dalla politica ai sindacati, dalla dottrina alla giurisprudenza.

Rider e subordinazione: la recente pronuncia di antisindacalità del Tribunale di Milano


La massima

I c.d. rider di un’impresa di food delivery devono considerarsi lavoratori subordinati quando l’organizzazione del lavoro sia disegnata dall’impresa in maniera unilaterale e mediante una piattaforma digitale di propria esclusiva disponibilità, tanto più laddove, oltre che al concretarsi del presupposto della etero-organizzazione, vi sia anche una messa a disposizione del datore di lavoro da parte del lavoratore delle proprie energie lavorative per consistenti periodi temporali, nonché nell’esercizio da parte dell’impresa di poteri di direzione, controllo e di natura latamente disciplinare, che rappresentano, nel loro insieme, gli elementi costitutivi della fattispecie del lavoro subordinato ex art. 2094 c.c.

¶ Tribunale di Milano 28 settembre 2023, n. 6979


Il caso

Con la pronuncia n. 6979 del 28 settembre 2023, il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso depositato da alcune organizzazioni sindacali di categoria aderenti alla Cgil (e, nello specifico, Nidil, Filcams e Filt), volto all’accertamento della natura antisindacale della condotta di uno dei top player nel settore del food delivery.
In particolare, secondo le organizzazioni sindacali ricorrenti, il carattere antisindacale della condotta della convenuta era da ravvisarsi – nell’ambito della decisione di quest’ultima di cessare le proprie attività di food delivery in Italia con conseguente cessazione di circa 4.000 rapporti di lavoro con i ciclofattorini (c.d. rider) – da un lato, nel mancato previo avvio della procedura di consultazione prevista dalla normativa conosciuta come “anti-delocalizzazioni” (L. n. 234/2021) e, dall’altro, nell’omissione della procedura di informazione e consultazione di cui agli artt. 4 e 24, L. n. 223/1991 in materia di licenziamenti collettivi. E ciò in ragione della rivendicata riconducibilità dei rapporti tra i rider e tale società – sulla scorta del loro concreto atteggiarsi – alla nozione di lavoro subordinato, con la conseguenza che la loro cessazione avrebbe dovuto essere necessariamente preceduta dall’esperimento delle procedure suddette.

Si è così riaperta, con il contenzioso in commento, la controversa questione della qualificazione del rapporto di lavoro dei rider, questione che in Italia, a seguito della massiccia diffusione del settore del food delivery, ha innegabilmente ricevuto grande attenzione da parte di tutti gli interlocutori, dalla politica ai sindacati, dalla dottrina alla giurisprudenza.


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